FIRENZE – Dopo le polemiche suscitate dalla stolida idea di abolire il Natale, L’Istituto Universitario Europeo e il suo Direttore fanno retromarcia. Lo annuncia il giornale cattolico Avvenire, riprendendo un confuso ed equivoco comunicato della stessa istituzione, foraggiata, senza alcun costrutto, anche coi nostri soldi.
Dopo le polemiche sull’ipotesi di rinominare il Natale, in quanto troppo cristiano, l’ateneo europeo precisa: mai prevista l’eliminazione della celebrazione delle feste religiose, le attività tradizionali continueranno.
Nessuna cancellazione del Natale, nessuna nuova “festa d’inverno”. Dopo giorni di polemiche, è una nota dello stesso Istituto universitario europeo a chiudere il caso. “Contrariamente a quanto riportato da alcuni organi di stampa, non è mai stata prevista l’eliminazione della celebrazione delle feste religiose presso l’Istituto” spiega l’ateneo, in una nota sul suo sito ripresa dall’agenzia Sir.
L’ìpotesi allo studio, che aveva scatenato un polverone, voleva introdurre la Festa d’Inverno, “per non discriminare nessuno”, partendo da un concorso che aveva l’obiettivo di rinominare la festività, in nome di una presunta maggiore inclusione. Ora l’istituto fa sostanzialmente dietrofront. La nostra è “un’università internazionale che accoglie un numero sempre crescente di studenti, ricercatori, docenti e personale provenienti da tutto il mondo. Questo ambiente veramente internazionale richiede una politica di inclusione delle diverse culture” si legge in un messaggio, diffuso dall’Istituto universitario che ha sede a Fiesole.
Ora si conferma che “l’Istituto ha recentemente adottato un Piano per l’uguaglianza etnica e razziale, che raccomanda l’uso di un linguaggio inclusivo nelle varie attività dell’Istituto”. Poi si precisa: “Non sono tuttavia previste modifiche alla programmazione della festa di fine anno interna all’Iue, che continuerà ad essere caratterizzata da attività tradizionali legate al Natale, parte integrante del patrimonio culturale europeo”.
Una figuraccia epocale, che aveva sollevato critiche unanimi. Va in mille pezzi l’innovazione escogitata dalle menti illuuminate dei burocrati e dei professori che portano avanti (si fa per dire, sembra meglio indietro) l’attività del costoso Istituto, diretto da un professore belga, Renaud Dehousse. Costui vanta un curriculum eccellente: già presidente del consiglio di amministrazione di Sciences Po a Parigi, e direttore del Centro di studi europei, docente di diritto dell’UE e politiche pubbliche, nonché titolare della cattedra Jean Monnet presso la stessa istituzione. Ma tutte queste eccellenti perle del suo curriculum non hanno evitato a lui e ai suoi colleghi questa figuraccia epocale. Evidentemente non basta la sola scienza per gestire una istituzione nazionale o internazionale, occorre anche buon senso e un minimo di intuizione politica.