BRUXELLES – Il giornale europeo Eunews riporta una notizia ignorata dalle maggiori testate europee: l‘aspettativa di vita nell’Ue si riduce, di oltre un anno. Così risulta dai dati, quelli che Eurostat rende pubblici, e da cui emerge che nel 2021, nel territorio dell’Unione europea, la durata di vita al momento della nascita 80 anni e un mese. Nel 2019 l’indice di longevità aveva raggiunto gli 81 anni e quattro mesi, per poi conoscere un’inversione di tendenza nel 2020 a 80 anni e cinque mesi per poi diminuire ulteriormente nel 2021, ultimo anno di cui l’istituto di statistica europeo dispone informazioni. Questa riduzione nelle aspettative di vita, azzarda l’organismo di Lussemburgo, si deve “probabilmente a causa del repentino aumento della mortalità a causa della pandemia di COVID -19“.
In questa tendenza generale, uomini e donne vengono toccati in modo analogo. Nel 2021 l‘aspettativa di vita delle donne (82 anni e 11 mesi) ha continuato ad essere superiore a quella degli uomini (77 anni e 2 mesi) 2021, con entrambe le categorie ad che hanno registrato ulteriori diminuzioni a seguito di un calo maggiore dal 2019 al 2020. “Rispetto al 2020, l’aspettativa di vita sia per le donne che per gli uomini è diminuita di circa quattro mesi“, rileva ancora Eurostat.
Spagna, Francia e Italia gli Stati membri dell’Ue dove si concentrano le regioni dove si vive più a lungo. Le province autonome di Trento (84 anni e 4 mesi) e Bolzano (83 anni e 10 mesi) tra le prime dieci regioni europee per maggiore aspettativa, ma a livello Paese ci sono altre otto regioni dove chi nasce può aspettarsi di vivere, in media, almeno 83 anni (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Umbria e Veneto). La Campania è il luogo dove si vive meno, ma comunque più della media europea: 80 anni e 11 mesi.
In questo quadro le istituzioni Ue si preoccupano per gli sviluppi del Long Covid. Colpisce molti tra uomini e donne, interessa praticamente ogni organo interno. Dal sistema nervoso centrale all’apparato digerente, dal cuore all’apparato respiratorio, fino a quello circolatorio e pure quello riproduttivo, maschile come femminile. il fenomeno noto come ‘long-Covid’, vale a dire il persistere dei sintomi e dei disturbi anche dopo 4 settimane dall’infezione, è più di un rebus. Poche informazioni chiare, difficoltà nella mappatura mondiale. La commissaria per la Salute, Stella Kyriakides, ha acceso i riflettori su una sfida che è sanitaria, ma anche economica e politica. Adesso il centro studi e ricerche del Parlamento europeo conferma i timori: “Il long COVID è un grosso problema”.
C’è una questione di numeri, innanzitutto. Lo studio realizzato per conto della commissione speciale COVID dell’Eurocamera evidenzia “l’unicità” del fenomeno. A seguito della pandemia “miliardi di persone” sono state infettate da SARS-CoV-2 in breve tempo. “Pertanto, la portata del long COVID lungo è molto più ampia di qualsiasi cosa vista prima“. Anche ammettendo che presto o tardi il Coronaviurs scomparirà, è convinzione degli analisti che le persone che soffrono delle conseguenze a lungo termine delle infezioni acute rimarrebbero.
Dati alla mano, solo tra il 2020 e il 2021 il perdurare dei disturbi tipici del Covid in Europa ha interessato 17 milioni di persone, e circa 65 milioni sono quelle che ne hanno sofferto in tutto il mondo. Le previsioni stimano che 20 milioni di europei soffriranno di long Covid entro la fine di marzo 2023, con senso di spossatezza, tossetta permanente, sinusite intermittente e tanto altro ancora. In prospettiva, “in media circa il 10 per cento delle persone affette da COVID-19 svilupperà un COVID di lungo decorso” con tutte le conseguenze del caso. .
l problema è che del fenomeno long Covid si conosce poco e quindi si fa fatica ad orientarsi. Sembra consolidata la definizione clinica della patologia, secondo cui si tratta di una “malattia derivata da una storia di infezione da SARS-COV-2 confermata o probabile, con sintomi che si verificano di solito tre mesi dall’insorgenza di COVID-19 e che durano per almeno due mesi”. I sintomi includono affaticamento, mancanza di respiro, disfunzione cognitiva, ma possono insorgere molti altri sintomi, con comprovata riduzione della qualità della vita. I sintomi possono avere una nuova insorgenza o continuare dall’infezione da COVID-19 e non possono essere attribuiti a nessuna diagnosi alternativa.
Ciò detto, manca una spiegazione del fenomeno. Esistono diverse ipotesi attualmente indagate come possibili cause di COVID di lunga durata. Queste includono la persistenza del virus nel corpo, la risposta del sistema immunitario, la disfunzione mitocondriale, o ancora segnalazione neurologica disfunzionale, affezione del sistema nervoso autonomo, disfunzione endoteliale, riattivazione di EBV o coagulazione del sangue). Ma sono tutte supposizioni, e qui l’intervento della politica, con risorse adeguate per una ricerca capillare e accusare, gioca un ruolo di assoluto rilievo. “Una migliore comprensione delle cause del COVID di lunga durata è fondamentale per sviluppare un trattamento e una cura ottimali per il paziente”, rileva lo studio.