ROMA – La popolazione in Italia, al primo gennaio 2023, era di 58 milioni e 851 mila residenti. Ma nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dal dopoguerra, sotto il limite di 400 mila unità, arrivando a quota 393 mila. E i decessi sono stati 713 mila. Quasi il doppio. La crisi demografica non colpisce solo l’Italia. I tassi di natalità sono ben al di sotto del livello di sostituzione in Europa, Stati Uniti, Cina, Corea, Giappone e molte altre nazioni. Il tasso di fertilità a livello globale è a 2,3 bambini per donna, appena al di sopra della soglia di sostituzione, e sta diminuendo costantemente.
In Italia si passerà da 35 milioni di occupati nel 2019 ai 27 milioni previsti nel 2070. Un calo di 8 milioni, cioè quasi un quarto di lavoratori che si metteranno a riposo e dovranno essere mantenuti dai pochi che continueranno a lavorare. Una situazione difficilmente sostenibile, senza profonde riforme strutturali. Infatti, è facile prevedere che si sia già chiuso il tempo dei pensionamenti anticipati (quota 100, secondo l’Inps, è stato un fallimento). Anzi. Secondo le stime dei demografi, nel 2030 l’età di pensionamento in Italia sarà di 68 anni. Un’età destinata a salire a 69 anni nel 2050 e a 71 nel 2070. E così via.
Ma l’età media della popolazione dovrebbe continuare ad aumentare, quindi il numero di anni medi in cui ciascuno si godrà la pensione sarà sempre più lungo. Con tutte le conseguenze che deriveranno dall’avere un mondo abitato da persone con un’età media sempre più elevata. È la silver economy: meno discoteche e più case di riposo, più medici e meno insegnanti, più robot e meno operai, più single e meno famiglie numerose.