MILANO – Non soltanto l’Anm, i gruppi di giudici e pm politicizzati,l e sinistre con in testa la Schlein osteggiano ogni riforma che modifichi lo strapotere dei magistrati, utile, in Italia come negli Usa, per eliminare gli avversari politici, ma adesso anche i magistrati in pensione scendono in campo per difendere i privilegi dei colleghi.
La separazione delle carriere rischia di avere riflessi negativi sul cittadino. Lo sostiene Elena Riva Crugnola, ex presidente della sezione Imprese del Tribunale di Milano, tra i firmatari (quasi 500) della lettera con cui magistrati in pensione chiedono di riflettere su una riforma “anacronistica”.
“Siamo pensionati, giudici fuori dai giochi, che intervengono come cittadini a sottolineare che il tema è un falso problema che può introdurre situazioni pericolose e non risolverebbe nessun problema della giustizia. Una separazione delle carriere è una “battaglia di retroguardia” – rischia di indebolire l’obbligatorietà dell’azione penale – anche tardiva alla luce delle recenti riforme (legge Cartabia) che ha delimitato pesantemente il passaggio di funzioni e distoglie forse da un’evoluzione utile, ossia “una formazione comune per giudici, avvocati penalisti e pm”. Ma soprattutto la separazione delle carriere pone poi il delicato tema del ‘controllo’ sul pubblico ministero.
“Il pm potrebbe trasformarsi in un dipendente del Ministero o in una sorta di avvocato della polizia e questo non darebbe garanzie maggiori, anzi si corre il rischio di addomesticamento dell’azione penale”. Il pubblico ministero fuori dalla giurisdizione “o diventa un organo pubblico incontrollato totalmente, quindi ancora peggio dal punto di vista della garanzia, o sfocia in un controllo da parte del ministro, privo dell’indipendenza garantita dalla Costituzione, o si avvicina alla polizia e non so quanto il cittadino sia maggiormente garantito da avere un pm totalmente assorbito dagli organi di polizia. Separare le carriere rischia di avere riflessi negativi per le garanzie del cittadino”.
Resta il fatto che occorre intervenire per limitare lo strapotere dei magistrati, la loro sostanziale impunità e la possibilità di iniziare le inchieste che più aggradano anche per motivi politici. Ma sono questi i poteri che le toghe vorrebbero mantenere, appoggiate dalle ainistre, dalla stampa schierata e da qualche alta carica dello Stato.