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Migrazioni: aumentano i giovani italiani che fuggono all’estero. 50.000 nel 2022, col governo Draghi

ROMA – Le partenze per espatrio sono salite del 44,9% negli ultimi anni. E sono i giovani gli expat per eccellenza: ben il 44% degli 82mila espatriati nel 2022 (diretti al 75,3% verso l’Europa) sono italiani tra i 18 e i 34 anni, aumentati del 2% rispetto al 2021, .Di «grave questione giovanile di cui farsi carico» parla esplicitamente il Rapporto italiani nel mondo 2023 della Fondazione Migrantes. Al 1° gennaio 2023 i connazionali iscritti all’Aire erano 5,93 milioni, il 10,1% dei 58,8 milioni di italiani residenti entro i confini nazionali. Il 23,2% (oltre 1,3 milioni) ha tra i 35 e i 49 anni; il 21,7% (più di 1,2 milioni) ha tra i 18 e i 34 anni, i minori sono più di 855mila (14,4%). Il 19,5% (oltre 1,1 milioni) ha tra i 50 e i 64 anni, mentre gli over 65 anni sono il 21,1%. Il cammino è inverso: si gonfia il Paese fuori (+2,2% in un anno, +127.350 unità), si svuota quello dentro (-132.405 persone, -0,2%).

Parallelamente, tutte le Regioni presentano popolazioni residenti in decrescita. In cima alla classifica, guardando ai valori assoluti, ci sono la Toscana (oltre 25mila residenti in meno), il Veneto (-16mila) e la Lombardia (-14 mila). Solo Campania e Sicilia marciano debolmente in direzione opposta, con la prima che annovera quasi 1.500 residenti in più e la seconda con quasi 500. Dal 2020, l’Italia ha perso oltre 790mila residenti e proprio la Campania (-2,1%), la Calabria (-2,8%), a Sardegna (-2,3%) e le Marche (-2,1%) registrano le percentuali più alte rispetto al livello nazionale (-1,3%). La Sicilia, invece, dal 2020 ha perso l’1,5% della sua popolazione residente.

Nel decennio 2012-2021 i rimpatri dall’estero dei cittadini italiani sono più che raddoppiati, passando da 29mila a 75mila. In tutto i rientri sono stati 443mila, due su cinque da un Paese dell’Unione europea, Germania e Regno Unito (da Brexit in poi) in testa.

Ma il volume dei connazionali che tornano in patria non è sufficiente a compensare la perdita di popolazione dovuta agli espatri che, durante lo stesso periodo e fino all’anno della pandemia, sono aumentati in misura considerevole, facendo registrare saldi migratori sempre negativi. Le agevolazioni fiscali contro la “fuga dei cervelli” introdotte con il Dl 34/2019 sono state efficaci: il numero dei rientri è raddoppiato. Dove si fa più fatica a essere attrattivi è sulla classe di età 30-40 anni, «perché è in questa fascia che si concentrano le famiglie con figli minori, che sono più difficili da spostare». L’Italia non è un Paese per giovani e nemmeno per famiglie.

Il rapporto non indica il rimedio a questi problemi, ma è facile intuirlo e lo ha sostanzialmente indicato la Cei per bocca del suo presidente, il cardinale Matteo Zuppi, favorevole all’immigrazione e all’accoglienza indiscriminata. Si vuole in pratica la progressiva sostituzione etnica, che causerà, fra non molto, quelle conseguenze che ha predetto l’Imam di Monfalcone: “Non vogliamo l’integrazione, non ce n’è bisogno perché vi sostituiremo!”. Un clamoroso harakiri della Chiesa cattolica e delle sinistre.

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