ROMA – Il sito economico startmagazine rivela una situazione che era già conosciuta agli economisti, ai politici (soprattutto quelli di sinistra che sostengono le toghe, ottenendo indubbi vantaggi), ma ignota, almeno nelle reali dimensioni, al grande pubblico. Si tratta dei privilegi, anche economici, della magisttratura.
I casi Delmastro, La Russa e Santanché hanno fatto tornare d’attualità un tema sempre attuale: lo scontro politica-magistrati, i quali sono, alla fine dei conti, dipendenti pubblici le cui mansioni, le cui guarentige sono previsti da leggi e costituzione, e i cui stipendi sono regolati da un contratto con lo Stato. Sono peraltro i dipendenti pubblici più ricchi d’Italia, seguiti a grande distanza da prefetti e ambasciatori. Ce lo dicono i dati dell’Aran, l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, che certifica che lo stipendio di un magistrato è molto più del quadruplo di quello, per esempio, di un lavoratore del mondo della scuola. E più del doppio di quello di un professore universitario.
Mediamente un pm o un giudice prende 137.697 euro lordi all’anno. Si tratta di 100mila euro in più rispetto a quanto percepisce lo statale tipo, ovvero 36.782 euro. E risulta molto più alto anche di quello di un funzionario che ha intrapreso la carriera prefettizia, che rimane sotto i 100 mila euro, e di quello di coloro che sono riusciti a entrare nel corpo diplomatico, che è di 89.186.
Secondo il Cepej, ovvero la Commissione per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa, l’Italia è tra i Paesi in cui è maggiore il rapporto tra il salario percepito da un giudice a fine carriera e quello medio. È infatti di ben 6 volte superiore. In Germania un magistrato anche dopo decenni di lavoro guadagna solo 1,7 volte in più di un tedesco medio, in Francia 3,6, in Spagna 5,7. Un privilegio meritato?