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Nato: eserciti diminuiti del 60%, necessario allargamento a molti Paesi per aumentare forze contro Putin

BRUXELLES – I dati sulla rarefazione delle truppe messe a disposizione dai principali Paesi dell’Alleanza smascherano la vera volontà della Nato e di Stiltenberg che, acquisendo l’adesione di molti nuovi Paesi, guarda caso tutti confinanti con la Russia, vuole aumentare la sua forza nella lotta senza quartiere ingaggiata contro Putin, Che, come rileva giustamente Papa Francesco, ha reagito in malo modo, in parte controproducente..

I paesi appartenenti alla Nato, che oggi sono trenta, hanno significativamente ridotto l’organico dei loro eserciti negli ultimi decenni. Secondo dati forniti dall’Alleanza atlantica, infatti, a tagliare di più gli effetti in servizio sono state Germania e Italia, che rispetto al 1990 hanno eliminato il 65% delle forze. Nel primo caso scendendo da 545mila soldati a 189mila, nel secondo – quello italiano – da 493mila a 174mila.

Anche altri paesi con contingenti importanti li hanno ridotti in modo significativo: la Francia, ad esempio, ha tagliato l’organico delle forze armate del 62%, passando da 548mila a 208mila persone. Calo importante anche quello della Spagna: l’esercito iberico è passato da 263mila a 124mila uomini. Il Regno Unito, invece, è sceso a 156mila da 308mila effettivi. Rimane numeroso l’esercito turco – la Turchia è entrata nella Nato nel cosiddetto primo allargamento risalente al 1952 – con 445mila uomini a fronte dei 769mila del 1990. Importante, ovviamente, anche la riduzione delle forze armate statunitensi che da 2.1 milioni di uomini sono passate a 1.3 milioni nel giro di 21 anni.

Fino al 1951 la Nato è stata composta da 12 paesi, quelli fondatori (Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti). Quell’anno si sono aggiunti Grecia e Turchia e poi, nel 1955, la Germania Ovest. La situazione è rimasta stabile fino al 1982, quando si è unita la Spagna. Un ulteriore salto c’è stato nel 1999 con l’adesione di Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia.

Il salto più importante è avvenuto nel 2004 con l’unione di ben sette paesi: Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Nel 2009 è stato il turno di Albania e Croazia, nel 2017 del Montenegro e nel 2020 la Macedonia del Nord, trentesimo e ultimo membro finora. In attesa della ratifica da parte dei paesi membri delle domande di Finlandia e Svezia, presentate sull’onda del conflitto in Ucraina.

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