Rinnovare le Istituzioni

Patto di stabilità. riforma: vertice ministri Ue, passi in avanti. Compromesso fra falchi e colombe, frugali e mediterranei

SANTIAGO DE COMPOSTELA – I ministri delle Finanze dell’Ue sono pronti a lavorare per trovare un compromesso sulla riforma del patto di stabilità, entrando nella fase del negoziato politico per risolvere i nodi ancora sul tavolo, con l’obiettivo di trovare un accordo entro fine anno. Ma le posizioni fra falchi e colombe, paesi frugali s Stati del sud si sono riavvicinate.

La ministra dell’Economia spagnola, Nadia María Calviño Santamaría, ‘gallega’ di nascita, si è affidata all’aura sacra della città in cui, secondo la Leggenda Aurea, sarebbero stati traslati i resti dell’apostolo Giacomo, il primo martire tra i dodici discepoli di Gesù, e ha vinto la scommessa. Durante l’Ecofin informale tenutosi ieri alla Cidade de la Cultura di Santiago de Compostela, in Galizia, ha spiegato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, “ho visto una consapevolezza, un gran lavoro della presidenza spagnola, una disponibilità di tutti i Paesi ad intensificare il lavoro e ad avere un atteggiamento di disponibilità al compromesso. Sono due cose molto positive: ringraziamo Santiago”.

 I Paesi dell’Ue, ha confermato Calviño, “sono tutti aperti a cercare di trovare un consenso sulla riforma del patto di stabilità e ad assumere impegni che ci aiutino a trovare questo consenso prima di fine anno”. Per la ministra, candidata alla presidenza della Bei, il fatto che le riunioni dei ministri si siano tenute a Santiago “è stato un elemento molto positivo, che è stato sottolineato da molti partecipanti. Sono sicura che molti torneranno” nella capitale gallega, meta di pellegrinaggio da secoli”.

Nessuno, spiega una fonte Ue qualificata, pensa che sia un’impresa facile, perché le divisioni tra i Paesi ci sono ancora, “ma pensiamo che sia fattibile”. E la ragione è semplice: tutti sono consapevoli che, se tornassero in vigore le vecchie regole del patto di stabilità, l’Unione dovrebbe affrontare “una serie di problemi” di non piccola entità, a partire dalla reazione dei mercati finanziari.  Il nodo, ha spiegato la ministra spagnola, è duplice: occorre “trovare il giusto equilibrio tra, da un lato, mantenere i flussi di entrate per ridurre il rapporto debito/Pil e garantire la sostenibilità fiscale e finanziaria su media e larga scala e, allo stesso tempo, incentivare e proteggere lo spazio necessario per gli investimenti che rispondono alle esigenze europee e l’incentivo per le riforme necessarie”. Il secondo corno del problema è come “garantire che abbiamo regole comuni che siano esaustive e che tutelino l’uguaglianza di trattamento tra i diversi Paesi”. Ma il fatto che tutti i Paesi siano pronti a negoziare, con l’obiettivo di chiudere un accordo entro fine anno, è già un risultato, perché si temeva che alcuni puntassero in realtà a fare melina, aspettando la disattivazione della clausola di salvaguardia.

In questo contesto, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha calato le carte: ha chiesto, hanno riferito fonti del Mef, che venga consentito di scorporare dal calcolo del deficit le spese militari fatte per sostenere l’Ucraina e gli investimenti per il Pnrr, fino al 2026, anno in cui Next Generation Eu arriverà al termine. E’ una richiesta che ha senso, non solo ad orecchie italiane: anche a Berlino capiscono che, in assenza di incentivi per questo tipo di investimenti necessari (a meno di non voler lasciare Kiev in balìa di Mosca, senza aiuti), il rischio, molto concreto, è che i Paesi membri taglino queste spese. Messi di fronte all’alternativa se tagliare capitoli di spesa per aiutare l’Ucraina o se smettere di aiutarla, potrebbero essere tentati di scegliere questa seconda ipotesi. Tanto più che gli aiuti militari non sono ben visti da una fascia non piccola dell’opinione pubblica, specie in alcuni Paesi.

 La divisione tra falchi e colombe, tra Frugali e mediterranei ancora c’è, ma le posizioni “sono cambiate” e il dibattito “è ancora difficile, ma non ha quel carattere molto tagliente che aveva una volta”. L’Italia, intanto, ha fatto presente oggi che preferirebbe regole uguali per tutti, anziché percorsi di riduzione del debito su misura, per evitare il rischio di classificare i Paesi membri, dividendoli tra diligenti e meno diligenti. Una posizione, questa, che potrebbe essere stata apprezzata dai ‘rigoristi’, che temono che la Commissione sia troppo indulgente con gli Stati più indebitati.

Vedremo se le posizioni e le richieste del governo italiano verranno accolte dalla maggioranza degli altri Stati, nonostantye il fatto che il commissario Gentiloni non remi certo a favore del nostro Paese, anzi sostenga, come costume delle sinistre, l’opposizione a un governo considerato nemico. Alla faccia dell’interesse del popolo italiano.

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