Il disegno di legge sull’Autonomia differenziata sarà presentato in Consiglio dei Ministri giovedì 2 febbraio. La decisione è stata presa dal governo dopo il passaggio in pre-Consiglio dove è stata esaminata la bozza di testo del disegno di legge, che ha ricevuto qualche ritocco, rispetto al testo originario.
In totale il provvedimento elaborato da Calderoli è composto da dieci articoli che servono a delineare l’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. In base a quanto si legge nella bozza, “nel rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, indivisibilità e autonomia e in attuazione del principio di decentramento amministrativo si definiscono i principi generali per l’attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia in attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. L’autonomia, nello specifico, è consentita subordinatamente alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Per quel che riguarda i Lep, il testo specifica all’articolo 3 “che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e i relativi costi e fabbisogni standard sono determinati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri”. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l’espressione del parere (entro 45 giorni). “Il Presidente del Consiglio dei ministri, valutato il contenuto dell’intesa della Conferenza unificata e del parere delle Camere o, comunque, una volta decorso il termine di quarantacinque giorni per l’espressione del parere di queste ultime, adotta il decreto, previa deliberazione del Consiglio dei ministri”.
Per quanto riguarda invece la procedura di richiesta e concessione di autonomia, l’avvio dell’iter è deliberato dalla Regione e trasmessa al presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie che acquisita “entro trenta giorni” la valutazione dei ministri competenti per materia e del ministro dell’Economia e delle finanze avvia il negoziato con la Regione stessa. Lo schema di intesa preliminare negoziato tra Stato e Regione è approvato dal Consiglio dei ministri, in una seduta a cui partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata.
Il disegno di legge prevede inoltre che a livello finanziario, dall’applicazione della legge e di ciascuna intesa, “non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l’entità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni”. Infine, le disposizioni transitorie e finali stabiliscono che l’esame già iniziato delle richieste di autonomia presentate “prosegue secondo quanto previsto dalle pertinenti disposizioni della presente legge”.
Dopo l’esame e l’eventuale approvazione in Consiglio dei ministri la parola passerà al Parlamento, dove ci sarà battaglia. Del resto la questione delle autonomie è sempre stata oggetto di contrasto fra centrodestra e centrosinistra. La riforma, pessima, del 2001 fu approvata a fine legislatura dalle sinistre con 4 voti di scarto. La parte della riforma costituzionale che riguardava le autonomie, presentata da Renzi, fu bocciata dal referendum, ma avrebbe potuto riequilibrare e chiarire meglio poteri fra Stato e Regioni. Adesso si va verso un’altra riforma contestata e dibattuta, che probabilmente non risolverà i problemi constatati fino ad oggi, ma forse li aggraverà.
E a pagare saranno, come sempre, i cittadini.