BRUXELLES – Ci voleva un governo di destracentro per far cambiare le regole europee sull’immigrazione, dopo che tutti i governi delle sinistre o tecnici del presidente, compreso il supposto onniptente Draghi, avevano fallito. Il Consiglio Ue Interni a Lussemburgo ha trovato un accordo sul Patto migrazione e asilo. In particolare è stata adottata una posizione negoziale sui due regolamenti chiave relativi alle procedure e al sistema di asilo. Grazie al paziente lavoro della premier Meloni e del ministro Piantedosi.
“I ministri hanno appena concordato un orientamento generale sul regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione e sul regolamento sulla procedura di asilo”, scrive la presidenza svedese del Consiglio sul suo profilo Twitter.
“Questi fascicoli – prosegue la nota social – costituiscono i due pilastri principali della riforma del sistema di asilo dell’Ue e sono fondamentali per un buon equilibrio tra responsabilità e solidarietà. Il duro lavoro svolto durante diverse Presidenze ha contribuito al risultato che abbiamo raggiunto oggi”.
Immediato è giunto il commento della presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola: “L’accordo trovato dagli Stati membri sulle nuove regole sulle migrazioni è una buona notizia. Il Parlamento Europeo accoglie con favore questo progresso decisivo ed è pronto a iniziare i negoziati immediatamente per raggiungere un accordo prima di fine mandato”. Per il vicepresidente della Commissione Europea Margaritis Schinas, “abbiamo dimostrato che non ci arrendiamo. Dopo anni di fallimenti, abbiamo dimostrato che l’Europa, sulle migrazioni, può produrre risultati”.
Soddisfatto a giusto titolo il ministro Piantedosi, attaccato continuamente dalle sinistre e dalle Ong, che vorrebbero continuare a promuovere il business dell’accoglienza. “L’Italia ha avuto una posizione di grande responsabilità e ha trovato corrispondenza da altri Paesi: abbiamo cercato di rendere attuabili le procedure di frontiera, processo che noi riteniamo debba andare avanti. Riteniamo che sia un giorno in cui parte qualcosa e non solo sia un giorno di arrivo”.
“L’attenzione allora si è concentrata sui dettagli più caldi. La decisione presa ruota infatti intorno alla procedura d’asilo (Apr) e alla gestione dell’asilo e della migrazione (Ammr) – cioè non l’intera riforma, che è mastodontica e conta diverse misure ancora in corso di esame. L’Apr prevede l’istituzione di un percorso rapido con regole condivise europee per trattare le domande di asilo che provengono da quei Paesi con un basso grado di accettazione – sotto il 20% – e la creazione di una certa quota, attraverso una formula, secondo la quale ognuno dei 27 è obbligato ad applicare la procedura accelerata. Traduzione: controlli e responsabilità. Bene. Ora l’Ue si doterà di una capacità di gestione fissata a 30mila ‘posti’ con un coefficiente di moltiplicazione progressivo di 2 3 e 4 nell’arco di tre anni. A contare non è il migrante singolo ma il ‘posto’ e siccome la domanda di richiesta asilo dovrà essere evasa entro 12 settimane si calcola che il primo anno il tetto sarà di 60mila persone, poi 90mila e infine 120mila. Il tutto ripartito tra i 27 sulla base di Pil e popolazione. Sarà poi la Commissione a stabilire se un Paese ha bisogno della solidarietà in caso di crisi (boom di arrivi). In quel caso sarà esentato dalla procedura di frontiera Ue e potrà accedere al bacino di 30mila ricollocamenti, da ottenere in forma pratica oppure con un finanziamento da 20mila euro per ogni migrante non trasferito.
La novità sta nel fatto che l’Italia ha ottenuto che questi denari confluiscano in un fondo gestito da Bruxelles per “attuare progetti concreti per la cosiddetta dimensione esterna”. Insomma, Roma non voleva che i Paesi del sud diventassero il “centro di raccolta degli immigrati per conto dell’Europa”. Ma la solidarietà si trova anche in altri passaggi. Come la responsabilità ridotta – 12 mesi invece di 24 – per le persone salvate in mare con operazioni SAR che poi presentano (e ottengono) la protezione internazionale. Poi c’è un’intesa sulle misure di sostegno finanziario per la realizzazione operativa (comprese infrastrutture) delle procedure di frontiera. Il passaggio più controverso però, che ha rischiato di far saltare tutto, è stata la possibilità di stilare accordi con Paesi terzi, diversi da quelli di origine, dove inviare i migranti una volta negata la protezione. Alcuni Stati membri, come la Germania, volevano un’interpretazione molto stretta, altri più larga. Un particolare non da poco perché permetterebbe di liberare molto più velocemente gli hot-spot e dunque snellire il sistema. L’Italia, sulla questione, è stata sostenuta da diversi Paesi, come ad esempio l’Olanda.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni non a caso esulta. Per lei l’unico modo di affrontare i problemi dati dalla migrazione “è risolverli alla partenza” e dunque si dice “soddisfatta di essere riuscita a far capire che c’è un modo di affrontare la questione insieme”. Dunque legando la questione della dimensione esterna a quella interna. L’intesa prevede ora una clausola di revisione da 1 a 2 anni, a seconda delle parti. Che garantisce tutti: se funziona, si tireranno le somme.
Dopo anni di acquiescenza al volere dei Paesi dominanti l?Italia torna a contare in Europa e non risc hia più di diventare la discarica dei clandestini provenienti da ogni dove attraverso il mediterraneo, complici i trafficanti di esseri umani e le Ong.